Qualche anno fa, nei pressi di una grande città frenetica, viveva una neonata famiglia, una famiglia simile a molte altre, un papà che ogni mattina si svegliava per andare a lavoro, una mamma che non ne aveva uno ed un bimbo senza asilo. Ogni giornata si svolgeva seguendo una routine a piacere, il papà usciva come sempre alla stessa ora e il bimbo e la mamma decidevano insieme come passare il loro tempo.
Parchetto con le nonne, bosco, chiamato così per rendere più avvincente l’avventura giornaliera, giri infiniti in bicicletta, biblioteca e super negozio dell’usato per viaggiare anche un po’ tra le cose degli altri! Tutte le Mamu..mamme sanno che questi programmi comportano una strana caratteristica: estraniarsi piacevolmente dal mondo, senza però allo stesso tempo, dolcemente impazzire.
Un giorno mamma e bambino, fantasticando tra gli oggetti del bazar della roba degli altri, si avvicinano a lei: Mamusca. Era su di un tavolino in attesa di essere presa e portata via. E così fu.
Da quel pomeriggio Mamusca era diventata parte di un piccolo mondo parallelo, quello della mamma e del bambino che, con la vita circostante, non avevano nulla da condividere, o almeno così credevano.
Inizialmente il suo nome era quello tradizionale, tutti sanno che è russa, e che si tratta di un simbolo di prosperità e anche un po’ di perfezione visto che contiene in sè stessa sia la gallina che l’uovo, si chiamava Matrioska.
Giunti a casa quel pomeriggio il papà tornò dal lavoro, gli piacque il nuovo ospite e disse subito: “Bella la Mamusca”. Un po’ per affetto e un po’ per caso da quel giorno Lei si chiamò proprio così.
La Mamusca viaggiava sempre con la mamma e il bambino, divenne un personaggio importante per le fantastiche scorribande della coppia fuori dal mondo. Ebbe anche un breve momento di popolarità come protagonista di una mostra fotografica nella storica capitale. Oggi le fotografie sono state disseminate in spazi sconosciuti, ma se vedete una foto della Mamusca a Roma, state certi che è stata fatta durante uno dei tanti giorni passati a costruire strani mondi.
Non molto tempo dopo, bussarono alla porta della casa, era una ragazza con due bimbi gemelli, abitava sullo stesso pianerottolo della nenoata famiglia. Da quel giorno le giornate furono più vicine alla realtà, il bambino era sempre stato un bambino felice, ma finalmente scoprì che condividere la felicità anche con altri non era poi così male!
La Mamusca continua a vivere con la mamma, il papà ed il bambino, ora c’è anche una sorellina, la condivisione per tutti è diventata una regola senza la quale è difficile sopravvivere.
Ecco perchè Mamusca si chiama Mamusca!
Questo di seguito è il testo che è stato scritto di lei quando si è pensato di intitolarle questo progetto:
Mamusca è una mamma.
Tutti ne abbiamo una c’è chi ce l’ha vicino e chi no, chi la vede ogni giorno e chi non la vede da tanto, c’è chi lo è e chi lo fa, chi ama la propria mamma e chi ama Fare la mamma. La Mamusca, oltre ad essere spesso in carne ed ossa, è un modo di essere, è una sensazione, è un bisogno, è affetto incondizionato, è attenzione, è un pizzico di pazzia con un filo di immaginazione ed un mazzetto di condivisione.
La Mamusca è fatta di tante preziose piccole cose, di tutte quelle cose che vengono immaginate da chi ha bisogno e voglia di lei.